Eva Luna by Isabel Allende

Eva Luna by Isabel Allende

autore:Isabel Allende [Allende, Isabel]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
Tags: General, Fiction
ISBN: 9780394572734
Google: 7r6DntE-eQkC
Amazon: 0553383825
editore: Feltrinelli
pubblicato: 1988-09-11T22:00:00+00:00


- Che età?

- Come nella foto del giorno delle sue nozze.

- Perché mi parli di ciò? Non voglio ricordarmi delle mie nozze. Va', stupida, lasciami sola...

Si sedette su una sedia a dondolo di vimini sotto la tettoia del cortile a guardare il pomeriggio e ad attendere 'il ritorno del suo amante. Aspettai con lei, senza osare dirle che Kamal se n'era andato. Zulema passò ore a dondolarsi e chiamarlo con tutti i suoi sensi, mentre io ciondolavo sulla seggiola. Il cibo si scuoceva in cucina e nella stanza svaniva l'aroma discreto dei fiori. Alle undici di sera mi svegliai spaventata dal silenzio, i grilli erano ammutoliti e l'aria era immobile, nel cortile non si muoveva neppure una foglia. L'odore del desiderio era scomparso. La mia padrona rimaneva ancora immobile sulla sedia a dondolo, col vestito stropicciato, le mani contratte, il viso rigato di lacrime, il trucco disfatto, sembrava una maschera abbandonata all'intemperie.

- Vada nella sua camera, signora, non lo aspetti più. Forse non ritornerà fino a domattina... - la supplicai, ma la donna non si mosse.

Rimanemmo lì sedute tutta la notte. Battevo i denti e mi scivolava un sudore strano lungo la schiena. Attribuii questi segni alla mala sorte che era entrata nella casa, ma non era certo il momento di occuparmi dei miei malesseri, perché sentivo che nell'anima di Zulema qualcosa si era spezzato. Provai orrore nel guardarla, non era più la persona che conoscevo, si era trasformata in una sorta di enorme vegetale. Preparai il caffè per entrambe e glielo portai con la speranza di restiturle l'antica identità, ma lei non volle assaggiarlo. Stava rigida come una cariatide, con lo sguardo fisso sulla porta del cortile. Bevvi un paio di sorsi, ma lo sentii aspro e amaro. Riuscii infine a sollevare la padrona dalla sedia e a condurla per mano nella sua camera, le tolsi il vestito, le ripulii il viso con uno straccio umido e la feci coricare. Constatai che respirava tranquilla, ma lo scoramento le velava gli occhi e lei seguitava a piangere, silenziosa e cocciuta. Poi aprii la bottega come una sonnambula. Non mangiavo da parecchie ore, ricordai i tempi della mia disgrazia, prima che Riad Halabi mi raccogliesse, quando mi si era chiuso lo stomaco e non riuscivo a inghiottire. Mi misi a succhiare una nespola tentando di non pensare. Arrivarono alla Perla d'Oriente tre ragazze che chiesero di Kamal, risposi che non c'era e che non valeva neppure la pena di ricordarlo, perché in realtà non era umano, non era mai esistito in carne e ossa, era un genio del male, un efrit venuto dall'altra parte del mondo per sconvolgere loro il sangue e turbare l'anima, ma che non l'avrebbero più visto, era scomparso trascinato via dallo stesso vento fatale che l'aveva portato dal deserto fino ad Agua Santa. Le giovani se ne andarono in piazza a commentare la notizia e ben presto iniziarono a sfilare i curiosi per informarsi sull'accaduto.

- Io non so niente. Aspettate che arrivi il padrone - fu l'unica risposta che mi venne in mente.



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